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Content | ▲ |Vita da manager| GENNAIO 2013 | BUSINESSPEOPLE | 61 LA VOGLIA DI FARE CARRIERA È IL PRIMO MOTIVO DI ABBANDONO AZIENDALE, E LA FUGA DEI TALENTI RISCHIA DI ESPORRE LE IMPRESE A UN PREOCCUPANTE VUOTO. COME RIMEDIARE? LE LUSINGHE RETRIBUTIVE NON BASTANO: SERVONO MOTIVAZIONI, STRATEGIE, PROSPETTIVE. COME QUELLE MESSE IN ATTO DAI TOP EMPLOYERS DI CECILIA LULLI Se le aziende hanno il loro bel da fare per trattenere i talenti, anche questi ultimi dovrebbero fare attenzione a non lasciarsi tentare troppo dalle novità nella speranza di fare carriera più in fretta. Potrebbe essere controproducente. I responsabili Hr intervistati si sono detti d’accordo su questo punto: un curriculum che registri continue variazioni di azienda e mansione oggi suscita molte perplessità. Il cambiamento è utile laddove, dopo aver consolidato per alcuni anni una certa esperienza, ci si voglia mettere alla prova in un altro contesto, desiderando anche acquisire nuove competenze. E, su ruoli significativi, percorsi inferiori ai tre-cinque anni sono ritenuti difficilmente compatibili con una maturazione delle competenze relative. In più, la fedeltà è ancora vista come un valore importante, soprattutto quando in gioco ci sono posizioni manageriali, e quindi l’accesso a informazioni confidenziali. P uò sembrare un paradosso, vista la conclamata crisi economica in corso, ma uno dei principa- li problemi delle aziende è trat- tenere i propri talenti, natural- mente portati a desiderare una carriera veloce e soddisfacente. E ovviamente le offerte più inte- ressanti arrivano proprio ai mi- gliori, quelli di cui non si vorrebbe mai fare a meno e che sono decisivi per il successo della società. Come trattenerli? Come attirarne di nuovi? Ne abbiamo par- lato con Alessio Tanganelli, Country Manager Italia Crf Institute – organizzazione internazionale indipen- dente di certificazione con focus sulla gestione delle ri- sorse umane e best practices nella gestione dei talenti – e i responsabili delle risorse umane di cinque azien- de Top Employers: British American Tobacco, Gruppo Hera, PepsiCo, Technip e Valeo. I LIMITI DELLE LUSINGHE RETRIBUTIVET ra le diverse possibilità di approccio, quel che sembra certo è che basarsi solo sull’offerta econo- mica è una strategia superata, sempre che sia mai sta- ta efficace. «La leva economica era e rimane un aspet- to importante, ma oggi non è sicuramente l’unico fat- tore determinante», dichiara Sergio Pocini, Hr Vice President Technip Italy. «Nelle economie avanzate, la leva economica è solo uno dei driver che influenza la motivazione dei dipendenti», concorda Eleonora Pa- gani, Hr Director PepsiCo. Dello stesso avviso anche i rappresentanti delle altre aziende. «L’aspetto retributi- vo rimane la condizione essenziale, ma non è il fatto- re differenziante di cui abbiamo bisogno», spiega Pao- lo Cuniberti, Hr Director Italy Valeo. «Anche perché, soprattutto in tempi di alta volatilità, non è detto che un contratto che offre un vantaggio “monetario” nel- l’immediato, si riveli un affare migliore anche a lungo termine». E soprattutto, come sottolinea Alessandro Camilleri, Head of Learning & Organizational Deve- lopment del Gruppo Hera, «sull’aspetto economico si troverà sempre un’azienda in grado di offrire qualco- sa di più». LE POLITICHE DI CHI CI SA FAREM eglio allora lavorare diversamente, per non cor- rere il rischio di perdere i propri uomini migliori e finire per ritrovarsi a gestire un “vuoto di potere” nel- le posizioni chiave. Tanto più che una recente ricerca del Crf Institute, che ha coinvolto 653 aziende in 13 Paesi di cinque continenti, ha messo in luce la preoc- cupazione dei Top Employers sulla futura mancanza di personale qualificato. E non si parla solo di Cina e Bra- sile, ma anche dell’Europa. «In Italia il 44% prevede una crescita e un incremento di personale da qui a tre anni, ma il 13% lamenta già una scarsità di manager “giusti al posto giusto”», dichiara Tanganelli. «La solu- zione? Elaborare adeguate strategie di succession ma- nagement e leadership, per costruire ruoli e competen- ze del futuro. Effettuando pianificazioni stretegiche a tre o cinque anni dei manager (e delle competenze) di cui l’azienda avrà bisogno». Tra le politiche da adotta- re Tanganelli segnala «job rotation, mentoring, coa- ching, costante valutazione delle performance, ricono- scimento pubblico dei successi ottenuti, eventi di mo- tivazione, efficace e rapida integrazione dei nuovi as- sunti e piani di sviluppo personalizzati». Senza pensa- re che la crisi aiuti la “retention” dei talenti. «Forse ne accentua la gravità. Chi ha i numeri, è prepara- (solo) NON ÈQUESTIONEDI SOLDI ESEMPI VIRTUOSI. CINQUE SOCIETÀ DOVE IL TURNOVER È RIDOTTO AI MINIMI TERMINI NON CAMBIATE TROPPO |
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